Investire in startup che vogliono risolvere problemi irrisolti. È questa la missione di Moonstone, venture capital italiano partito a gennaio del 2023 con l’obiettivo di selezionare nuove idee imprenditoriali in fase seed e pre-seed.

Al timone ci sono i due giovani fondatori, Chiara Castelli e Jacopo Mele, che si sono dati un traguardo ambizioso: investire in 60 startup nel giro di due anni.
Per capire meglio cosa stanno facendo e che prospettive ci sono, abbiamo fatto due chiacchiere con la cofounder Chiara Castelli, che spiega:
“Investiamo in startup che cercano di risolvere i grandi problemi irrisolti per le persone e per il pianeta. Ci interessa chi sta lavorando alle grandi sfide del nostro tempo, quelle che ci accompagneranno per i prossimi decenni. Per questo spesso guardiamo a settori come il climate tech e l’healthcare, ma come venture capital non siamo specializzati su singoli verticali né su specifiche aree geografiche”.
Siete partiti a gennaio del 2023, come sta andando?
Direi bene. Abbiamo già investito in 17 startup, il 70% delle quali fondate in Italia. Abbiamo una dotazione complessiva di 2.6 milioni di euro e in genere co-investiamo, con un ticket massimo di 50mila euro. La nostra prospettiva è di lungo periodo: prevediamo di rientrare dagli investimenti non prima di 8-10 anni.
Chi partecipa in Moonstone?
La dotazione del venture capital è stata conferita da molti soggetti diversi come aziende, professionisti, business angel e partner di fondi. La cosa interessante è che chi partecipa in Moonstone ha l’accesso privilegiato a un vivaio di startup selezionate, sulle quali potrebbe decidere in autonomia di partecipare nei round di follow on.
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Qualche esempio di startup interessanti che fanno parte del vostro portfolio?
La prima che mi viene in mente è Limenet, una startup italiana che ha inventato un sistema brevettato ed eco-sostenibile di smaltimento della CO2. Funziona così: questa tecnologia utilizza carbonato di calcio, acqua marina ed energia rinnovabile per trasformare l’anidride carbonica, raccolta dall’atmosfera o da altre sorgenti, in una soluzione acquosa di bicarbonati di calcio. Queste sostanze sono molto utili a combattere la crescente acidità degli oceani. Si tratta di composti che in natura si creano spontaneamente, ma nel corso di millenni.
Limenet permette di accelerare il processo, migliorando in un colpo solo la qualità dell’aria e quella degli oceani. Credo sia un ottimo esempio di come la ricerca universitaria possa essere trasferita e applicata nel mondo reale, perché tutto nasce dal gruppo di ricerca italiano Desarc Maresanus, composto da Giovanni Cappello, Stefano Caserini, Mario Grosso e Simona Masina.
Altre idee che vogliono cambiare il mondo e nelle quali avete già investito?
Cito altri due esempi. Abbiamo investito in RECO2, una startup italiana che, grazie a una tecnologia brevettata, ha trovato un sistema per creare materiale edile di qualità, utilizzando gli scarti industriali come residui metallurgici, scarti di cava e vetro riciclato. Direi un esempio da manuale di economia circolare. Poi c’è la piattaforma Cosmico, che connette i professionisti del digitale con le aziende, utilizzando il lavoro da remoto. Questa community fondata a Milano è già composta da 8.000 membri sparsi in tutta Europa.
Moonstone è un progetto giovane, ma con radici profonde. Che cos’è Aurora Fellows e qual è il collegamento?
Aurora Fellows è un programma di cui sono co-founder per allenare le attitudini imprenditoriale degli under 23. Proprio questa esperienza ci ha portati a creare Moonstone. Vedevamo tanti giovani arrivare con le loro idee da realizzare, ma spesso mancavano i soldi per partire. Da qui è nata l’idea del nostro venture capital, perché vogliamo fare qualcosa di ancora più concreto per aiutare l’innovazione.
A cura di Luca Francescangeli