A novembre la nuova normativa europea sui fornitori di servizi di crowdfunding sarà pienamente operativa e vincolante. Questo significa che le piattaforme già attive si stanno attrezzando per rispondere a tutti gli obblighi imposti dalle nuove regole, così come per cercare di cogliere le opportunità in arrivo con il mercato unico del crowdinvesting.
Per fare il punto sugli adeguamenti necessari abbiamo fatto due chiacchiere con Gianmario Colafati, partner e COO di FolkFunding, società che ha in pancia il brand Crowdcore, uno dei principali fornitori italiani di SaaS (cioè software as a service) specializzato nel crowdfunding.
“Le nuove regole europee impongono un aggiornamento sostanziale delle piattaforme esistenti, soprattutto di quelle che si occupano di lending – ci spiega subito Gianmario – Ogni operatore dovrà spendere una media di circa 20-30mila euro per gli adeguamenti obbligatori e solo per la parte software. Si tratta di un lavoro complesso e articolato, fatto sempre a stretto contatto con i team legal”.
Vogliamo partire dalla homepage? Cosa cambia?
In home page dovranno essere esposte tutta una serie di policy e informazioni, che in parte erano già richieste nell’equity, ma che in assenza di normativa non era obbligatorio esporre nelle piattaforme di lending. Quindi in fase di adeguamento vanno aggiunte nel footer una serie di pagine aggiuntive, come le informazioni sul portale, la sezione reclami, quella di valutazione del rischio, quella sul conflitto d’interesse, quella sulla tutela degli investitori. Peraltro per molte di queste sezioni va indicato un responsabile aziendale, responsabile che non potrà essere lo stesso per tutte le sezioni, visti i possibili conflitti. Poi c’è la parte di rendicontazione dei risultati, che deve riportare la performance della piattaforma e i tassi di default. Proprio per dare maggiore visibilità al rendiconto dei risultati, noi inseriamo nelle nostre piattaforme una fascia dinamica in homepage che riporta in tempo reale una serie di informazioni, come il numero di operazioni gestite, il capitale raccolto, quello restituito e il tasso di default.
Parliamo dei cambiamenti nel flusso d’identificazione dell’utente. Che novità ci sono?
La normativa ci chiede di rafforzare il riconoscimento dell’utente e di facilitare la gestione della posizione fiscale dell’investitore. Tutto questo nell’immediato si traduce in un maggior numero di passaggi e di azioni richieste. Prima di tutto sarà necessario lasciare il proprio numero di cellulare, così da poter attivare un doppio sistema di verifica tramite OTP (SMS + email). Un po’ come fanno le banche online. Poi c’è la necessità di inserire un codice fiscale italiano, in modo che la piattaforma possa produrre la documentazione per chi agirà da sostituto d’imposta. Questo in alcuni casi vale anche per gli investitori europei, che saranno quindi guidati nell’apertura e inserimento in piattaforma del loro codice fiscale italiano. Sempre per assicurarci dell’identità dell’investitore, in fase di registrazione sarà richiesto un selfie con in mano i propri documenti di riconoscimento ben visibili.
Come funzionerà la verifica antiriciclaggio?
L’antiriciclaggio resta in carico all’istituto di pagamento, perché la piattaforma deve effettuare solo delle minime verifiche preliminari. Per questo noi implementiamo nel flusso di registrazione un questionario antiriciclaggio. A seguito delle risposte fornite abbiamo tre possibili risultati: un utente può avere il via libera diretto, oppure può essere bloccato temporaneamente per ulteriori verifiche, oppure infine può essere bloccato del tutto e non potrà iscriversi.
Sempre secondo le nuove regole europee, sarà obbligatorio profilare gli investitori, far compilare loro il questionario di appropriatezza e definire la loro capacità di sopportare perdite. Come funziona l’implementazione tecnica di questi passaggi obbligatori?
Prima di tutto dobbiamo stabilire, con una verifica documentale, la categoria del nuovo investitore: potrebbe essere professionale, sofisticato o non sofisticato. Gli investitori professionali e quelli sofisticati sono i più semplici da gestire, perché una volta registrati possono investire senza limitazioni e senza ulteriori step di profilazione. Invece, quelli non sofisticati, che poi sono il vero crowd, devono fare anche il questionario di appropriatezza e calcolare la propria capacità di sopportare perdite. Dall’incrocio di questi due ulteriori step, il sistema è in grado di stabilire quali investimenti siano sconsigliati per ogni singolo utente, inviando alert quando c’è un disallineamento tra – poniamo – classe di rischio dell’investimento e tipologia d’investitore, oppure tra l’entità dell’investimento che si vuole effettuare e il patrimonio netto della persona. Patrimonio netto, peraltro, che la normativa europea impone di calcolare e condividere con la piattaforma. Il che costituisce un grosso scoglio nel processo di onboarding di nuovi investitori. Per questo abbiamo sviluppato un tool gratuito, che calcola questo valore in modo semplice e anonimo.
Rimanendo nel campo degli obblighi, come funzionerà l’implementazione tecnica del Key Investment Information Sheet, insomma del prospetto informativo?
L’utente deve avere la consapevolezza del rischio dell’investimento. Quindi, come previsto dal regolamento dell’ESMA dovrà prendere visione di un prospetto informativo sull’investimento. L’amministratore della piattaforma, in fase di creazione del deal, dovrà caricare il Key Investment Information Sheet in formato PDF. La responsabilità della redazione è del proponente del deal, non della piattaforma. Per poter procedere all’investimento, l’investitore dovrà confermare di averlo letto e una copia del documento verrà salvata insieme al resto della documentazione, come ad esempio il contratto di prestito sottoscritto, all’interno dell’area riservata dell’utente.
Fin qui abbiamo parlato degli adeguamenti necessari, ma quali sono le opportunità attivate dal nuovo regolamento e che potrebbero essere tradotte in nuove funzionalità sulle piattaforme?
“Di opportunità ce ne sono moltissime – conclude Gianmario Colafati, partner e COO di FolkFunding – Ovviamente dipende dalle risorse a disposizione e dalla strategia di crescita della piattaforma. La nuova feature su cui c’è più attenzione è sicuramente l’auto investing, cioè la possibilità di gestire in automatico il portafoglio di investimento degli utenti. Un altro esempio è la possibilità di sollecitare la raccolta su più mercati, il che significa tradurre contenuti, deal e contratti. La normativa europea obbliga le piattaforme a pubblicare nella lingua del paese nel quale hanno preso l’autorizzazione, più almeno una lingua a scelta tra quelle ufficiali dell’Unione, quindi inglese, francese o tedesco. Prendiamo l’ipotesi di una piattaforma autorizzata in Spagna, con contatti e ambizione di raccolta anche sul mercato italiano. Questa piattaforma dovrà essere disponibile in spagnolo e inglese (o francese o tedesco) per obbligo normativo, ma anche in italiano per opportunità di business. Ovviamente più lingue aggiungi, più i costi salgono. Ancora, c’è la possibilità di offrire sullo stesso portale progetti di equity e di lending. Anche qui i costi di un portale ibrido sono più alti di quelli per un portale specializzato. Ultimo esempio è la bacheca di scambio: una feature interessante, ma non obbligatoria. Quindi può essere un’opportunità, ma va bilanciata con i costi necessari a crearla e gestirla”.
A cura di Luca Francescangeli