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Trend e Ispirazioni sull’equity crowdfunding

Trattamento fiscale crowdfunding: la guida completa

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benefici fiscali equity crowdfunding

Indice

La scelta dell’equity crowdfunding permette a startup e imprese di raccogliere fondi per finanziare progetti innovativi tramite piattaforme online registrate presso la Consob (qui trovi l’elenco aggiornato), ma anch’esso è soggetto ad una tassazione. 

Negli ultimi anni sempre più società hanno fatto ricorso a questo canale per ottenere risorse economiche da destinare al proprio sviluppo: questo spiega il suo crescente successo presso gli investitori. 

Uno dei principali elementi positivi che rendono la soluzione dell’equity crowdfunding molto attraente per le startup riguarda le agevolazioni fiscali. Queste, ovviamente, non si devono confondere con la tassazione dei proventi. 

Segui la guida per evitare eventuali errori che in futuro possono esserti contestati e sanzionati.

Agevolazione fiscale per le startup

Questa consiste nella possibilità di detrarre nella dichiarazione dei redditi annuale un importo che può arrivare fino al 50% dell’investimento effettuato nel capitale solo di startup o pmi innovative, entro un limite massimo di un milione di euro all’anno, con l’obbligo di mantenere l’investimento per un minimo di 3 anni.

L’investimento massimo detraibile non può superare l’importo di 100.000 euro nel caso di startup innovative, mentre aumenta a 300.000 per l’investimento in pmi innovative. Oltre alle soglie citate, per le persone fisiche è prevista una detrazione del 30% fino al milione di euro, mentre per le persone giuridiche c’è una deduzione dall’imponibile del 30% fino a 1,8 milioni di euro.

Leggi anche – Regolamento “de minimis”. Come ottenere le agevolazioni fiscali del 50% per chi investe nell’equity crowdfunding

Trattamento fiscale delle ricompense crowdfunding

Un altro tema importante riguarda la tassazione dei proventi, ottenuti da quello che a tutti gli effetti rappresenta un investimento.

Il trattamento fiscale dei gestori dei portali equity crowdfunding avviene quando la piattaforma è gestita da società iscritte all’albo degli intermediari finanziari o da istituti di pagamento autorizzati dalla Banca d’Italia, che tratterrà il 26% a titolo d’imposta. Nel caso in cui non lo sia, è obbligatorio inserire i guadagni in dichiarazione: questi verranno tassati con l’aliquota Irpef con cui viene tassato il reddito.

Leggi anche – L’equity crowdfunding nel mondo. Come funziona la regolamentazione del settore nei vari Paesi

Equity Crowdfunding: distinzione tra i profili fiscali

I profili fiscali dipendono essenzialmente dalla categoria di soggetto proponente del progetto da finanziare. A seconda del tipo di soggetto, infatti, il reddito derivante sarà sottoposto a trattamenti fiscali differenti. Oltre alle persone fisiche, nel caso di startup i proventi derivanti dal progetto sono considerati redditi d’impresa e quindi soggetti ad Irpef o ad Ires, a seconda del tipo di società o dal regime fiscale scelto.

Trattamento fiscale donazioni crowdfunding

In caso di applicazione del modello Reward o Donation crowdfunding, i proventi concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui siano state incassate. Ai fini delle imposte sul reddito delle società (Ires) esse produrranno quindi una variazione in aumento, e quindi, di conseguenza una maggiore tassazione, per la quale è consentita la rateizzazione su cinque anni. Il caso specifico del donation crowdfunding rientra nella disciplina delle donazioni ed è quindi esente dall’applicazione dell’Iva.

Emissione della fattura

L’impresa è tenuta ad emettere fattura per la produzione dei beni o dei servizi nei confronti dei finanziatori, versando periodicamente la corrispondente Iva, già anticipata nell’importo sottoscritto dai finanziatori. 

In questi casi la cessione rientra nella vendita di cosa futura: anche qui le cessioni di beni o servizi si considerano effettuate nel momento della spedizione o della consegna del bene se riguardano beni mobili. Nel caso dei servizi l’operazione diventa effettiva e imponibile all’atto del pagamento del corrispettivo.

Tassazione per le imprese no-profit

Gli enti del terzo settore che appartengono alla categoria del no-profit possono assumere sia la qualifica di enti commerciali o non commerciali. L’elemento distintivo riguarda la commercialità dell’attività svolta.

Tuttavia, indipendentemente dal proprio statuto, l’ente no-profit che per un intero periodo d’imposta esercita prevalentemente attività commerciale perde la qualifica di ente non commerciale.

A seconda dell’ente, il trattamento fiscale dell’equity crowdfunding sarà differente.

Enti commerciali 

Il reddito, qualsiasi sia la sua provenienza, dovrà essere considerato reddito di impresa e le sovvenzioni ottenute dalla campagna subiranno lo stesso trattamento previsto per le imprese. 

Inoltre, si considererà l’imponibilità ai fini Iva delle operazioni di cessioni di beni o servizi effettuate dall’ente.

Enti non commerciali 

Nel caso di enti non commerciali, secondo l’articolo 143 del DPR n. 917/86, i proventi ricavati non possono essere tassati ai fini delle imposte sui redditi. Dato che la raccolta di fondi rappresenta una delle principali fonti di finanziamento dell’attività degli enti non commerciali, l’articolo mira quindi ad incentivarla. 

Viene infatti sottratta all’imposizione ai fini delle imposte sui redditi e da qualsiasi altro tributo purché sussistano le seguenti circostanze:

  • Devono essere iniziative pubbliche occasionali
  • La raccolta fondi deve avvenire in concomitanza di ricorrenze, celebrazioni, o campagne di sensibilizzazione
  • I beni possono essere eventualmente ceduti nell’ambito della raccolta, ma devono avere un modico valore.

Gli enti non commerciali sono considerati infine soggetti passivi solo per le attività commerciali eventualmente esercitate in via secondaria.