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Mercato europeo del crowdfunding, l’Italia ha sprecato un anno

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Mercato europeo del crowdfunding, l’Italia ha sprecato un anno

Indice

Il regolamento europeo sul crowdfunding compie il suo primo anno, ma in Italia siamo ancora ai blocchi di partenza. Un ritardo che sta mettendo in pericolo l’intero ecosistema. Ma andiamo con ordine, ricostruiamo insieme gli ultimi dodici mesi, andando a vedere quali sono stati i passaggi principali e quali sono tuttora le questioni da risolvere. 

La nascita del regolamento europeo sul crowdfunding

A novembre 2021, è ufficialmente entrato in vigore il regolamento 1503/2020 sugli European Crowdfunding Service Providers, che ha di fatto creato il mercato unico del crowdfunding tra i paesi dell’Unione. Il nuovo set di regole riguarda sia l’equity (in Italia già da anni regolato da Consob), sia il lending, che invece nel nostro paese non ha mai avuto una normativa organica di riferimento. Con questo provvedimento, la Commissione ha riconosciuto l’importanza del comparto per l’economia europea e ha voluto mettere fine alla frammentazione nazionale delle norme sul crowdfunding, una situazione che di fatto impediva la crescita internazionale del settore.

La rivoluzione è copernicana, peccato che vada messa in pratica. Gli Stati membri, infatti, avrebbero dovuto recepire il regolamento e identificare un’autorità dedicata a rilasciare le licenze. Per questo il regolatore europeo aveva lasciato un anno di periodo transitorio per i necessari adempimenti. Le nuove licenze nazionali permettono di operare liberamente all’interno dell’Unione, sollecitando direttamente gli investimenti sulle campagne di raccolta. Ma senza licenza bisogna chiudere. 

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La situazione in Italia a un anno dal regolamento europeo

Da novembre 2021 a oggi, l’Italia non ha ancora definito quale sarà l’autorità dedicata. Potrebbe essere Consob o Banca d’Italia o un’entità terza tutta da costruire. Purché ci sia, perché altrimenti le piattaforme italiane dovranno emigrare in altri paesi per poter continuare a operare. Un danno enorme sia per gli operatori (in Italia esistono circa 100 piattaforme tra equity e lending), sia per l’intero ecosistema del crowdfunding nazionale, che perderebbe ogni attrattività per player e capitali esteri.

In questi mesi qualcosa si è mosso, ma ancora non ci siamo. 

A luglio la Commissione ha concesso un anno in più di periodo transitorio, prima della piena entrata in vigore delle regole europee. Ci sarà quindi tempo fino a novembre 2023 per mettersi in regola. Ma il termine è perentorio, quindi o dentro o fuori. 

In Italia, a fine agosto, è stata pubblicata in Gazzetta la legge delega che permette al governo di recepire il regolamento europeo. Il governo Draghi non ha però provveduto e quindi ora il dossier è sulla scrivania del nuovo governo Meloni, che deve intervenire con un apposito decreto. Ma su quel fronte tutto sembra tacere. Intanto Banca d’Italia e Consob si sono attivate per metterci la proverbiale “pezza”. In una comunicazione congiunta del 21 ottobre, infatti, hanno attivato un servizio di incontri e consulenze informali, destinati alle piattaforme in attesa di licenza. In questo modo gli operatori potranno di fatto cominciare il proprio percorso autorizzativo, tenendosi pronti per l’attesa nomina dell’autorità nazionale. Il percorso autorizzativo dovrebbe durare diversi mesi, quindi prima si comincia e meglio è.

Diego Dal Cero – Founder e Ceo di Evenfi

E le piattaforme italiane? Aspettano, ma guardano anche ad altri paesi europei che già rilasciano le licenze europee. È il caso della bergamasca EvenFi, che si occupa di lending crowdfunding e che lo scorso 16 novembre ha annunciato – attraverso il CEO e fondatore Diego Dal Cero  – di aver ottenuto la licenza europea in Spagna. È la prima piattaforma italiana a raggiungere questo traguardo.

La situazione negli altri paesi europei

Come stanno andando le cose negli altri paesi dell’Unione? Alla data del 16 novembre, il registro ufficiale degli operatori di crowdfunding ci dice che solo Francia, Olanda, Spagna, Belgio, Romania e Lituania hanno rilasciato le prime autorizzazioni nazionali. In totale sono 8 le piattaforme che hanno già ottenuto la licenza necessaria a operare in tutta l’Unione. Tra tutte spicca Crowdcube, il colosso inglese, che a primavera di quest’anno ha ottenuto la licenza spagnola. Un percorso simile a quello che ha intrapreso Seedrs, altro colosso inglese, che è in procinto di entrare nel mercato unico europeo attraverso l’Irlanda. 

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Sfide e opportunità per le piattaforme

Il nuovo mercato unico europeo si concentrerà nei prossimi anni. Alcune piattaforme cesseranno le attività, altre verranno acquisite. Chi rimarrà sul mercato avrà volumi di raccolta medi molto più alti di quelli a cui siamo abituati oggi. Questa dinamica sarà particolarmente evidente in Italia, mercato nel quale hanno finora operato molte piattaforme, la gran parte delle quali non ha le risorse per competere su più mercati. 

La dimensione europea del crowdfunding, inoltre, richiamerà player e investitori internazionali che finora sono stati poco interessati a questa industry. Facile immaginare altre operazioni tipo quella perfezionata qualche settimana fa tra Seedrs e l’americana Republic. 

Non solo: l’Italia è un paese tra i più appetibili, visto l’ammontare del risparmio privato nazionale (oltre 5.256 miliardi di euro, secondo gli ultimi dati Fabi) e la necessità per i piccoli risparmiatori di tentare nuove forme d’investimento, quantomeno per ridurre l’impatto dell’inflazione.

Di certo il nuovo regolamento permette alle piattaforme di offrire molti più servizi che in passato. A partire dalla possibilità di proporre contemporaneamente campagne di lending e di equity, passando per la possibilità di offrire servizi di gestione del portafoglio d’investimento, fino ad arrivare alla possibilità di piazzare altri prodotti finanziari, come i prestiti convertibili.

Come già detto, ci troviamo davanti a una rivoluzione copernicana del crowdfunding. E ogni rivoluzione lascia inevitabilmente a terra chi non può o non riesce a stare al passo con il cambiamento. Le piattaforme italiane hanno dato più volte prova di poter essere alla testa del cambiamento, ma le istituzioni devono fare la loro parte fino in fondo. Altrimenti il crowdfunding nazionale diventerà terra di facile conquista, mentre gli operatori italiani dovranno aprire in altri paesi europei per poter continuare a lavorare, come dimostra la recente autorizzazione di EvenFi in Spagna. Il governo Meloni batta un colpo.