Andreste a ballare in una discoteca vuota di sabato sera? O a mangiare in un ristorante sempre poco frequentato? Probabilmente no. Ecco, questo semplice meccanismo psicologico è alla base del pre-commitment, un passaggio fondamentale, ma spesso sottovalutato, quando si prepara una campagna di equity crowdfunding e in generale un round di finanziamento per una startup o PMI. Per capire meglio cos’è questa attività e come gestirla al meglio abbiamo fatto due chiacchiere con Giancarlo Vergine, esperto in crowdfunding e community funding.
Chi è Giancarlo Vergine in un tweet?

Da oltre 8 anni lavora nel mondo dell’innovazione digitale. Prima in consulenza tra KPMG e Accenture, ha poi ricoperto il ruolo di Head of Onboarding in una delle principali piattaforme di equity crowdfunding italiano, CrowdFundMe. Dal 2022 ha avviato Over Ventures, la sua boutique di consulenza per startup con focus sull’equity crowdfunding.
Giancarlo, che cos’è e come funziona il pre commitment nell’ambito di un aumento di capitale?
“Il pre-commitment è quel capitale che viene conferito al round di aumento di capitale, prima dell’apertura del round stesso e tramite manifestazione di interesse. In pratica, è l’ammontare di capitale che l’imprenditore riesce a raccogliere dal suo network personale e da quello dei suoi soci, dalla community dell’azienda (soprattutto se sono aziende B2C) o dall’attività pregressa di ingaggio e dialogo con investitori qualificati e/o industriali. Qualsiasi round di aumento di capitale, soprattutto per startup early-stage e in particolar modo quando prevediamo l’utilizzo del crowdfunding come strumento di raccolta, necessitano di questo capitale iniziale. Così il resto del round può essere più rapido ed efficace.
Capirete quindi quanto sia importante lavorare alla strategia di raccolta capitali concentrandosi proprio sul pre-commitment, oltre che su altri punti come la preparazione dello storytelling e dei piani di sviluppo. Poter vantare un buon ammontare di capitale in avvio di raccolta, o ancora l’investimento di un investitore industriale o un business angel prestigioso, sono molto spesso la chiave vincente per innescare il cosiddetto effetto palla di neve. Anzi potremmo dire che la raccolta del pre-commitment è un modo per misurare il gradimento del progetto da parte degli investitori e -in ottica di crowdfunding – anche dei potenziali clienti finali”.
Come si applica il pre commitment all’equity crowdfunding? Perché può fare la differenza per il successo di una campagna?
“Nell’equity crowdfunding il pre-commitment è molto spesso decisivo, perché tipicamente gli investitori retail o meglio i crowd investors sono per lo più follower: non rischiano per primi. Se una campagna parte con zero euro o senza un adeguato pre-commitment, ha molte meno probabilità di riuscita nella raccolta di capitali, perché non ha passato la cosiddetta pre-validazione dell’operazione di aumento di capitale. Di fatto o i founder non si sono impegnati abbastanza nel comprendere i punti poco appetibili e in ombra dell’operazione proposta (scalabilità, exit strategy troppo ambiziosa, pre-money poco in linea con lo stadio di maturità del progetto, opportunità di investimento fuori mercato, ecc.), oppure non sono stati in grado di comunicare la bontà del loro progetto, anche dal punto di vista finanziario, al loro network.
Questa seconda ipotesi testimonia la difficoltà oggettiva di comunicare l’opportunità anche agli altri potenziali investitori, cioè gli utenti della piattaforma su cui si svolge la campagna. La corretta ed efficace strategia di lancio di una raccolta di equity crowdfunding, adottata praticamente da tutti i portali italiani e internazionali come best practice, è quella di far sì che la società lavori sul pre-commitment nella modalità più adeguata al mercato di riferimento in cui opera, allo stadio di maturità e al suo modello di business. Serviranno uno o più anchor investor, industriali o finanziari, per validare un’operazione B2B o deep tech oppure il commitment della propria community di utenti come early birds dell’operazione, tipica dei progetti B2C, nota come community funding”.
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Vogliamo fare qualche esempio di campagne che, durante la campagna di equity, hanno beneficiato di una buona strategia di pre-commitment?
“Come dicevo, per un buon pre-commitment serve un lavoro strategico sia in comunicazione, sia in attività operative nei confronti del network dei founder o della community aziendale. Un caso italiano recente è Cosaporto, che ha raccolto oltre 2,6 milioni su Mamacrowd, riuscendo a mettere in pratica una perfetta strategia di community funding, con oltre il 70% degli investimenti totali arrivati subito nei primi giorni di raccolta.
Di fatto la strategia messa in pratica è stata quella di comunicare per tempo e nei giusti modi il progetto di crescita alla propria community. Un’altra casistica di successo è stata quella di Sealence (DeepSpeed), sempre su Crowdfundme. Con il secondo round di crowdfunding la società ha raccolto circa 3 milioni di euro da 435 investitori. Tutto in meno di 20 giorni. Qui, oltre alla bravura e caparbietà di William Gobbo, c’è stata la capacità di portare a bordo importantissimi anchor investor industriali e finanziari, che hanno validato l’operazione già in fase preparatoria.
Questa strategia, a cui ho contribuito, ha permesso a Sealence di raggiungere l’obiettivo massimo in pochissimi giorni. Anche grazie a un prodotto e un’azienda unici nel loro genere, soprattutto in Italia. A mio avviso, i potenziali investitori retail hanno “subito” la cosiddetta FOMO, cioè fear of missing out, cioè la paura di perdere l’occasione propizia. Questa paura li ha velocemente convinti a partecipare al round”.
Come approcciare il tema del pre commitment per una startup o PMI innovativa che stia pensando a una campagna di crowdfunding?
“Bisogna ragionare sull’equity crowdfunding come uno strumento di raccolta di capitali di rischio e non come una sorgente alternativa – conclude Giancarlo Vergine di Over Ventures – Fate leva sulle sue caratteristiche di scalabilità: semplicità di raccolta e capillarità della comunicazione. Definite la giusta modalità di engagement della vostra community, facendo leva su tutti i canali comunicativi e fate networking. Instillate curiosità, interesse e voglia di salire a bordo del vostro progetto. Questo porterà il pubblico a non volersi perdere l’opportunità di partecipare non appena sarete online”.
a cura di Luca Francescangeli