Il settore dell’equity crowdfunding europeo si avvia verso la sua maturità. Il che significa maggiore consapevolezza e professionalità tra gli investitori, così come la necessità – per aziende e piattaforme – di aumentare la qualità delle campagne di raccolta. Chi opera nel settore sta già toccando con mano questo cambiamento, ma in questo caso la conferma arriva da uno studio internazionale pubblicato nel 2022 e intitolato “Growing pains and blessings: Manifestations and implications of equity crowdfunding industry maturation”.
Proprio in merito a questa ricerca abbiamo intervistato il professor Rotem Shneor, professore di Entrepreneurship e fondatore del Centro di Ricerca sul Crowdfunding presso l’università norvegese di Agder. Il professor Shneor ha firmato lo studio originale insieme ai colleghi Anna Lukkarinen e Jyrki Wallenius.
Professor Shneor, nella vostra ricerca affermate che l’equity crowdfunding (ECF) è fuori dalla sua fase iniziale e ormai nella fase di crescita e maturità. Cosa significa da un punto di vista della teoria del ciclo di vita e cosa possiamo aspettarci per il futuro prossimo dell’ECF in Europa continentale?

“Significa allontanarsi dalle sfide tipiche delle fasi iniziali, in cui era necessario convincere gli utenti ad adottare la nuova tecnologia e le nuove opportunità, spostandosi ora sullo sviluppo tecnologico di prodotti, servizi e comunicazioni migliori, pensati per utenti più esigenti e sofisticati. Questo perché il mercato cresce e la concorrenza si intensifica. Nel quadro del mercato europeo, questo significa che le piattaforme devono passare gradualmente dalla fattibilità dell’idea (il cosiddetto proof of concept) alla scalabilità e redditività del business. Parliamo di un mercato più affollato al servizio di utenti sempre più sofisticati, che spesso si traduce in una tendenza al consolidamento, tramite fusioni e acquisizioni, come abbiamo già iniziato a vedere in tutto il continente. È probabile che questa tendenza si acuisca ulteriormente con il nuovo regolamento europeo sugli ECSP, che apre nuovi mercati transfrontalieri, ma intensifica anche la concorrenza tra i vari operatori”.
Nel vostro studio, analizzate lo sviluppo dell’equity crowdfunding in Finlandia. Perché proprio questo paese? Perché la Finlandia è un mercato rilevante per capire l’andamento dell’intero settore in Europa continentale?
“Ci sono diversi motivi. La Finlandia è entrata nel mercato del crowdfunding azionario relativamente presto, già nel 2012. Ha inoltre introdotto una regolamentazione dedicata a partire dal 2016, molto prima di altri paesi e prima del nuovo regolamento ECSP, attualmente in fase di attuazione in tutta Europa. Nel 2018 la Finlandia è stato il secondo più grande mercato per l’equity crowdfunding in Europa, dopo il Regno Unito, nonostante le ridotte dimensioni del suo mercato interno. Oggi la piattaforma finlandese Invesdor è diventata una delle principali in Europa, dopo la fusione con altre piattaforme basate in Austria, Germania e Paesi Bassi”.
Quali sono i principali risultati che confermano il passaggio dell’ECF a una fase più matura?
“Troviamo tre tipi principali di differenze, comparando la fase iniziale (2012-2014) con quella successiva (2017-2019) – continua il professor Shneor – In primo luogo, gli investitori stanno diventando più informati e sofisticati per quanto riguarda i fattori che influenzano le loro decisioni di investimento. In generale è aumentata la loro esperienza nel mondo degli investimenti. In secondo luogo, le campagne presentano informazioni di qualità superiore sugli oggetti di investimento. In terzo luogo, le aziende che effettuano la raccolta fondi sono di qualità superiore. Ad esempio, hanno già una storia aziendale, fatturati da mostrare e hanno chiuso precedenti round di finanziamento”.
Leggi anche – EvenFi: arrivano gli investitori americani per crescere in Europa
Facendo un focus solo sulle campagne che hanno raggiunto o superato il proprio target di raccolta, quali sono i criteri tipici degli investitori professionali che stanno guadagnando terreno? E quali sono, invece, quelli tipici della prima fase del crowdfunding che stanno perdendo rilevanza?
“I criteri che sono diventati più influenti includono: l’attrattività dei termini di investimento, il che ancora una volta evidenzia una crescente sofisticazione degli investitori, e la durata della raccolta, con una chiara preferenza per campagne più brevi. I criteri, invece, che hanno perso la loro influenza includono: il modelli di business, perché non c’è più una netta prevalenza dei progetti B2C rispetto a quelli B2B e i requisiti di investimento minimo, che hanno effetti blandi sul successo o meno della campagna, quindi non funzionano più come barriera all’ingresso”.
In che modo questo passaggio da investitori meno esperti a investitori più sofisticati influenzerà le piattaforme e le campagne di raccolta, soprattutto da parte di PMI innovative e startup early stage?
“Le piattaforme devono creare interfacce con informazioni chiare e di miglior qualità, che riflettano i bisogni di investitori più consapevoli, comprese informazioni più attraenti sulle valutazioni finanziarie e sui termini di investimento, nonché sul capitale umano del team che sta raccogliendo capitale.
Dal punto di vista di una società che sta raccogliendo fondi, invece, significa maggiori sforzi nella preparazione della campagna. Per avere successo servono contenuti di qualità, l’importanza del capitale umano espresso dal team e dagli advisory board collegati, informazioni finanziarie più chiare e attraenti, nonché maggiori sforzi per garantire un certo grado di finanziamento anticipato, vista la necessità di competere, agli occhi dei potenziali investitori, con altre raccolte fondi. Può anche significare che le aziende, soprattutto in fase early stage, dovranno fissare obiettivi ancora più realistici e compensare i rischi più elevati con termini di investimento più interessanti di quanto fatto in passato”.
a cura di Luca Francescangeli