Equity Crowdfunding News

Trend e Ispirazioni sull’equity crowdfunding

Venture capital: “Più donne significa maggiori rendimenti”

intervista antonella grassigli

Indice

L’Italia è un paese in cui le donne investono molto meno degli uomini. Per non parlare di chi fa degli investimenti la propria professione: guardando ai venture capitalist italiani, infatti, quasi tutti sono uomini. Le donne ci sono, ma sono poche. Principalmente dislocate a Milano, con qualche presenza anche su Roma, dove domina la componente istituzionale. Insomma poco rosa in un mare azzurro. Ma ci sono delle significative eccezioni. Una di queste è la venture capitalist Antonella Grassigli, a cui abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza, cercando di capire le prospettive di un settore che ha ancora molta strada da fare prima di diventare più inclusivo. Ecco cosa ci ha detto.

Chi è Antonella Grassigli in un tweet?

Antonella Grassigli, Co-Founder & CEO di Doorway

Antonella Grassigli è co-founder e CEO di Doorway. Riconosciuta come “Business Angel dell’Anno 2021”, socia di IAG, Club degli Investitori, A4I e co-fondatrice di Angels4Women. Dottore commercialista, profondamente convinta che il Venture Capital sia il motore per creare un’economia realmente sostenibile. 

Che cos’è Doorway?

Doorway è una società benefit e uno dei principali operatori di venture capital in Italia – risponde Antonella Grassigli – Abilitiamo l’investimento diretto in questa asset class da parte di investitori privati e corporate, attraverso una piattaforma tecnologica autorizzata Consob. Propone alla sua community di investitori un numero altamente selezionato di startup e scaleup, italiane e internazionali, selezionate in base ai criteri utilizzati dal Venture Capital ma valutate anche in base all’impatto sociale, alla compliance e ai criteri ESG. Questa valutazione siamo ancora in pochi a farla nel nostro paese. Doorway è operativo dal 2019, veicolando investimenti per oltre 20 milioni di euro su 35 aziende innovative, di cui per il 70% femminili o a significativo impatto sociale. Il nostro ticket minimo è di 5mila euro”.

Leggi anche – Capitale Donna: l’educazione finanziaria si tinge di rosa

Qual è stato il percorso di studi e di carriera per diventare una venture capitalist? 

 “Ho frequentato il liceo classico Marco Minghetti a Bologna per poi laurearmi in Economia e Commercio presso l’università di Bologna. Ho iniziato la mia carriera in uno studio di commercialisti e, dopo aver conseguito l’abilitazione sia come commercialista, sia come revisore legale, ho aperto il mio studio insieme ad altri colleghi. Ho scoperto il venture capital relativamente da poco, nel 2016. Ma bisogna considerare che in Italia è un tipo di investimento presente da soli 15 anni. Il leit motiv di tutta la mia carriera è l’ambizione di risolvere problemi e di avere un impatto reale sull’economia”.

In USA solo l’8,6% dei venture capital totali sono donne, in Europa siamo intorno al 15%. Quali sono i motivi principali alla base di questo forte gender gap?

“Dal punto di vista dei finanziamenti, il divario di genere è onnipresente e si intreccia con il divario che c’è anche nell’ambito dei diritti delle donne in qualsiasi sfera personale e professionale. Il divario nell’occupazione tra uomini e donne non è solo legato al mondo del private capital ma all’intero mondo finanziario.

L’accesso ai finanziamenti è ostacolato da stereotipi, che incoraggiano l’idea che i prestiti al femminile siano più rischiosi, nonostante i dati indichino che non sia così. Ma la faticosa rincorsa ai capitali rappresenta solo una parte della storia.

I fondi di private equity e venture capital, che vantano team d’investimento senior equilibrati per genere, producono rendimenti dal 10 al 20% superiori rispetto a quelli con una leadership interamente al maschile o al femminile. 

Le imprenditrici devono affrontare una serie di altri ostacoli nell’accesso all’ecosistema aziendale, che spaziano dalle limitazioni normative alla difficoltà di accesso ai mercati nazionali e internazionali, alle sfide nella costruzione di reti personali, fino al minore accesso all’istruzione e alla formazione, specie nel mondo degli affari e delle competenze digitali.

L’analisi del potere di investimento effettivo mostra che i GP femminili (i general partner, ovvero i manager di un fondo) hanno meno potere di investimento, solo il 9%, dell’Aum (Asset under management, ovvero i soldi gestiti) a fronte del 91% dei GP maschi: se si considera che l’Aum denota il valore finanziario dei fondi gestiti, questo divario indica chiaramente che le donne tendono a diventare GP in fondi più piccoli.

Il problema è sistemico. Lo squilibrio di capitale non è visibile solo a livello di startup, ma esiste lungo l’intera catena del valore e deve essere affrontato dall’alto dei flussi di capitale”.

Cosa dovrebbe fare il sistema Italia (istituzioni, accademia, aziende società civile, etc…) per ridurre il gap di genere nel campo delle professioni finanziarie?

“Bisogna dare empowerment a imprenditrici e investitrici donne, per creare un ecosistema finanziario innovativo, inclusivo e sostenibile, perché in questo modo non solo lasciamo molte opportunità sul tavolo, ma anche tanto potenziale inutilizzato.

Per arrivare a questo, dobbiamo prima creare condizioni di parità con pari opportunità per tutti”.

Come fare, quindi, a ridurre il gender gap nella finanza?

“Agendo sulla cultura, favorendo la formazione tecnica e scientifica delle donne, aumentando il ricorso a forme di lavoro flessibili, che favoriscano il ruolo di madri, ricorrendo a benefit, oltre allo stipendio, che possano riconoscere il ruolo importante delle donne.

Tornando al mondo del VC, infine, il passaggio a una struttura di genere equilibrata a livello di venture capital necessiterebbe che le general partner abbiano la possibilità di accedere a capitali più ampi e gestire fondi più grandi, se vogliono esercitare un’influenza sul mercato”.

Leggi anche – L’esperto: “Le donne non investono, serve un salto culturale”

Il crowdfunding può essere un modo per avvicinare le donne all’abitudine d’investire?

“Penso che gli investitori e le investitrici diretti nel venture capital ed i fondi di venture capital, attraverso la leva degli investimenti, abbiano il vero potere di apportare cambiamenti significativi investendo in startup con founder e ceo donne senza pregiudizi di genere.

L’’investimento conviene a tutti perché, secondo un’indagine di McKinsey, le aziende – innovative o meno – dove c’è un buon equilibrio uomo-donna o di diverse team hanno redditività superiore del 21% rispetto ai competitor.

Secondo Pitchbook, c’è sempre maggiore correlazione tra il numero di business angel di genere femminile e i loro investimenti in aziende women founded. Ci sono diversi studi, inoltre, che analizzano le migliori performance di fondi dove i decision maker non sono solo maschi: il 69% dei fondi di venture americani includono nel trimestre migliore almeno una donna tra i decision maker. C’è anche una migliore correlazione con le exit profittevoli e i ritorni sull’investimento”.

Quali consigli dare a una donna che volesse intraprendere una carriera nel mondo del VC?

 “La prima cosa è fare qualche investimento utilizzando Doorway! – chiude l’intervista Antonella Grassigli – Studiare sempre tutta la documentazione che mettiamo a disposizione e partecipare agli incontri con gli imprenditori e le imprenditrici innovativi e gli altri investitori. Il venture capital è sostanzialmente human capital, quindi, bisogna imparare facendo e rischiando in proprio, senza avere paura di sbagliare”.

a cura di Luca Francescangeli