L’equity crowdfunding viene spesso classificato come una tipologia di investimento ad alto rischio.
Certamente si tratta di una forma di investimento differente da quelle tradizionali e ha degli elementi di rischio da tenere in considerazione.
Allo stesso tempo però, la regolamentazione sull’equity crowdfunding prevede una serie di tutele specifiche per chi decide di investire in capitale di rischio.
Vediamo quindi quali sono i rischi collegati agli investimenti in equity crowdfunding e quali le tutele previste dal legislatore.
Equity crowdfunding: rischi e opportunità
Partiamo col dire che nessun tipo di investimento è esente da rischi e quindi ogni scelta di allocazione del proprio denaro deve essere sempre ben ponderata e valutata attraverso strumenti e parametri oggettivi che possano darci una certa possibilità di valutare la sostenibilità di un progetto e i suoi possibili ritorni.
Nel caso specifico dell’equity crowdfunding ci sono due elementi specifici da tenere in considerazione.
Il primo riguarda il fatto che, soprattutto per gli investimenti a favore di startup innovative, si stia puntando su realtà che devono ancora esprimere il proprio potenziale e non hanno quindi uno storico solido a supporto del business. Si tratta quindi di un investimento basato soprattutto sulla fiducia e sulla visione prospettica.
È altresì vero però che questo vale per le startup in campagna nella loro fase di early stage, mentre per aziende che si trovino ad avere ancora lo status di startup ma con una storia più lunga alle spalle i dati da analizzare possono essere molti di più e quindi guidare in maniera più solida la scelta di investire.
Il secondo elemento da tenere in considerazione è che, tramite l’equity crowdfunding, gli investitori divengono a tutti gli effetti soci dell’azienda, compartecipando quindi per intero al rischio imprenditoriale ed esponendosi quindi alla possibilità di perdere il capitale investito.
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Un altro elemento da tenere in considerazione riguarda il tema della divisione dei dividendi e l’equity crowdfunding è una tipologia di investimento che restituisce dei ritorni sul medio-lungo periodo.
Va evidenziato infatti come, soprattutto le aziende più giovani, potrebbero non essere nelle condizioni di produrre utili nei primi anni della propria attività.
Inoltre le disposizioni normative fanno espresso divieto di distribuzione degli utili per tutte quelle aziende classificate come startup innovative fin tanto che l’azienda mantenga tale status, ossia per un massimo di 4 anni dal momento dell’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese.
L’equity crowdfunding viene anche spesso definito come un investimento che rischia di essere illiquido, ossia con la difficoltà di trasformarsi velocemente in moneta senza perdere di valore.
La liquidità degli investimenti è in effetti una caratteristica tipica dei titoli scambiati sui mercati organizzati, come ad esempio la Borsa, e per i quali è più semplice determinarne l’effettivo controvalore monetario.
L’assenza di un mercato così strutturato e organizzato per l’equity crowdfunding lo espone quindi a un maggior rischio di illiquidità.
A questo si aggiunge il fatto che la legge vieta lo scambio di quote di partecipazione su mercati organizzati per i titoli relativi a startup innovative.
È necessario però evidenziare come a livello sovranazionale ci si stia muovendo verso un superamento di queste limitazioni attraverso l’adozione del nuovo Regolamento Europeo sull’Equity Crowdfunding.
Il mercato dell’equity crowdfunding di anno in anno sta infatti diventando sempre più maturo con l’ingresso di attori e dinamiche che lo rendono sempre più simile ai mercati organizzati già conosciuti dagli investitori.
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Le tutele per chi investe in equity crowdfunding
L’equity crowdfunding è un settore di investimento rigidamente regolamentato e proprio l’Italia è stato il primo paese a dotarsi di un sistema normativo specifico con l’obiettivo della massima tutela degli investitori, affidando alla Consob la giurisdizione regolatoria.
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Vediamo nel dettaglio tutte le tutele previste che per chi decide di investire in equity crowdfunding.
Partendo dalla fase di valutazione dell’investimento, le imprese che avviano una raccolta sono tenute a fornire agli investitori una specifica documentazione che possa informarli sull’azienda e sul progetto specifico oggetto di finanziamento.
Tra questi ricordiamo:
- curriculum di chi propone la raccolta e rispetto dei requisiti di onorabilità
- business plan
- documento informativo
- informativa contabile (bilancio)
Una volta effettuato l’investimento i sottoscrittori possono sempre esercitare il diritto di ripensamento, ossia poter recedere dall’investimento senza alcuna penale e con la restituzione dell’intera somma investita entro sette giorni dalla sottoscrizione.
Trascorsi i sette giorni, l’investitore potrà inoltre esercitare il diritto di revoca dell’investimento: questa possibilità può essere esercitata qualora dovessero emergere errori materiali nella documentazione fornita e nuovi fatti e informazioni di cui l’investitore non fosse stato messo a conoscenza al momento dell’adesione alla campagna di raccolta.
Anche per i successivi rapporti con l’azienda sono state previste specifiche clausole a salvaguardia dei soci di minoranza, quali sono appunto i sottoscrittori di una campagna di equity crowdfunding.
Ricordiamo tra queste il diritto di co-vendita, detto anche tag-along.
Qualora la società venisse ceduta, il diritto di co-vendita assicura all’investitore di minoranza la possibilità di vendere le proprie quote alle medesime condizioni applicate a quelle dei soci di maggioranza.
Tale clausola offre quindi l’assoluta certezza di poter uscire dall’investimento alle stesse condizioni dei soci di maggioranza.
Un’ulteriore forma di tutela per chi investe in equity crowdfunding è rappresentata dalla liquidation preference, una clausola che, sebbene non sempre presente, garantisce gli investitori di ricevere eventuali distribuzioni di utili in via preferenziale rispetto ai founder.
Tale meccanismo tende a premiare gli investitori garantendo loro di coprire la quota versata per l’investimento. Solo successivamente si passerà a una distribuzione non più preferenziale ma allineata alle effettive quote di partecipazione.
Da ultimo, come forma di garanzia indiretta, va ricordato che affinché una campagna di equity crowdfunding si perfezioni, è necessario che il capitale raccolto provenga da investitori professionali per una quota pari almeno al 5% per investimenti in startup innovative e al 3% per le Pmi.